Shalom uvrakhàh,
Premesso che è importante sottolineare che non è
obbligatorio, ma si tratta di un Minhag molto antico e documentato, in
particolare presso gli ashkenaziti[1], che ha diverse motivazioni,
tra cui:
1.
Aprire le porte. Nel Shir
HaShirim c’è scritto[2]: “ApriMi come mia sorella,
come la mia cara” – HaShem chiede ad ‘Am Israel di aprirgli sulla scia di[3] “Apritemi uno spiraglio come
uno spillo di un ago, e Io aprirò a voi un’apertura come un’intero salone.” ‘Am
Israel è paragonato al pane e alla sposa del Shir HaShirim. Ci evoca quindi di
riaprirgli le porte[4].
2.
Cancelli Celesti. Durante
Pesach infatti sono aperti tutti i Cancelli Celesti per ottenere tantissime
cose, e subito dopo si sono chiusi. Dobbiamo invece riaprire[5].
3.
Shabbat. Per
alludere che lo Shabbat è ciò che apre i Cancelli di ogni Berakhàh. Per questo
proprio i pani dello Shabbat vengono fatti con questa forma[6].
4.
Shabbat Mevarekhin.
E’ lo Shabbat in cui si annuncia il mese di Yiar, il mese in cui i nostri padri
hanno ricevuto la manna, e quindi è un mese particolarmente positivo per le
cose materiali e spirituali, per riceverle anche senza particolari sforzi
fisici, rendendosi conto che non dipendono dal nostro impegno, ma dalla nostra
vita spirituale[7].
5.
La fine della manna.
Dal giorno in cui era possibile offrire l’ ‘Omer (il 16 di Nissan), non hanno
più mangiato la manna – che è terminata il secondo giorno di Pesach quando gli
ebrei sono entrati in Eretz Israel. Quindi da quel momento gli ebrei avevano la
necesstià di avere il loro sostentamento dal raccolto della terra. Per ogni
questione c’è un Cancello spirituale apposito, e quindi preghiamo che il
Cancello della Parnasàh venga aperto. Per questo facciamo Challot a forma di
chiave, affinché alludiamo che HaShem Itbarakh possa aprirci anche questo
cancello[8].
6.
Parashàh.
Solitamente questo Shabbat specifico cade lo Shabbat in cui si legge la
Parashàh di Sheminì in cui si parla di animali puri e impuri, quindi della
regolamentazione della Kasherut e di allontanarsi da cibi vietati, oppure la
Parashàh di Açharè Mot, in cui si tratta dei rapporti probiti. Questi sono i
due elementi principali su cui lo Yetzer HaR’a fa perno, e allontanandosi da ogni
forma di Yetzer HaR’a su questi fronti, possiamo allontanarlo dai nostri cuori.
Pertanto si usa realizzare una chiave durante questo Shabbat, per indicare che
queste due Parashot sono la chiave per aprire il nostro cuore e servire HaShem
sotto ogni aspetto, come ci viene detto “Perché Io sono HaShem che vi innalzo
dalla terra d’Egitto, per esser vostro Signore” – ossia ci innalza sotto tutti
gli aspetti fisici, anche quelli più naturali come mangiare bere e tutte le
altre necessità, in cui divengo anche lì vostro Signore, perché vi innalzate
con le vostre azioni[9].
7.
Tutto chiuso. Come
segno che tutte le questioni che riguardano Pesach sono oramai chiuse e custodite
dal Re nei suoi forzieri spirituali in modo protetto[10]. E c’è chi spiega che
comunque così indichiamo che possiamo ancora attingere da ciò, lasciando un po’
aperto.[11]
8.
Come si serve. Tutto
segue il principio – come ci si comporta – così si riceve (Middàh Kenegghed
Middàh). Pertanto per come si serve HaQadosh Barukh Hù – così riceviamo. Se
durante Pesach l’abbiamo servito mangiando e bevendo, seguendo le istruzioni
sul mangiare le Matzot, abbiamo la possibilità di ottenere in mano nostra una
delle tre chiavi che HaQadosh Barukh Hù gestisce[12], la chiave sulla Parnasàh,
poiché ci siamo occupati di mangiare e bere secondo la Sua Volontà. Per questo
lo Shabbat dopo Pesach alludiamo a questo con questo genere di Challàh[13].
9.
Partoriente. C’è chi
allude invece alla chiave della partoriente, che estrae qualcosa d’incredibile
dalla sua pancia – il nascituro. Così ci troviamo al termine dei tempi, in cui
attendiamo la nascita di qualcosa di nuovo – la Gheullàh ~ redenzione[14].
10. Hafrashat Challàh. Poiché la settimana precedente,
durante Pesach, non avevamo la possibilità di compiere la Mizvàh della
Hafrashat Challàh, allora questo Shabbat in cui possiamo realizzarla, utilizziamo
la forma della chiave per alludere a questo – perché la parola מפתח
Mafteaçh ~
chiave è formata da due parole מ"ח e פת
ossia פת
Pat – che è il pane – מ"ח
48 che indica la quantità di volume necessario per effettuare la Hafrashat
Challàh – pari a 43 uova e un quinto (5) [43 e 5 = 48], per ricordare che si può
ricompiere finalmente questa bellissima Mizvàh di realizzare dei pani per
onorare Shabbat, e compiere la Mizvàh di Hafrashat Challàh – per cui si ottiene
tantissima Berakhàh[15].
Precedentemente risposto su InstaRav.
[1] Vedi Sefer
Ta’amè HaMinhaghim 596-567, nel libro Avnè çhen 17/94 lo riporta come Minhag Galizia.
Vedi Minhaghim simili riguardo la Challàh a forma arrotondata come la Matzàh e
bucata con la chiave – nell’Haggadàh di Pesach di Rabbenu Eli’ezer Naçhman Foà ז"ל nell’Imrè Qodesh (pag. 262-263 – Shabbat
dopo Pesach), e così nel Imrè Pineçhas HaShalem 1:217 e così fanno i Chabad
(Otzar Minhaghè Chabad Yiar 243:2), vedi inoltre Liqqutè Mahariach 3:43-44. Sul
Minhag delle çhallot rosse – vedi ‘Olat Mo’ed Dominitz (Shevi’ì Shel Pesach –
pag. 16)
[2] Shir HaShirim 5:2.
[3] Vedi similmente Shir HaShirim
Rabbàh 5:2, Tanchuma Buber (Toledot 18), Yalqut Shim’onì (Tehillim Remez 988).
[4] Vedi Sefer Ta’amè HaMinhaghim 596.
[5] Sefer Ta’amè HaMinhaghim 596 a nome
dell’Ohev Israel.
[6] Sefer
Ta’amè HaMinhaghim 596 a nome dell’Ohev Israel.
[7] Basato sul
Sefer Ta’amè HaMinhaghim 596 a nome dell’Ohev Israel.
[8] Sefer
Ta’amè HaMinhaghim 597 a nome dell’Ohev Israel.
[9] Rov Tuv
(alla fine della Parashàh di Sheminì, alla fine del ד"ה וזאת) di Rabbenu Yequtiel Yehudàh Titelbuim MiSighet
זיע"א, riportato nell’Otzar Peninè Haçhasidut (5780/1).
[10] Or HaGanuz
Moskovitz (pag. 95).
[11] Emunat
‘Ittekha Wolfson (2/22 – Sheminì), in base all’Ohev Israel (pag. 93).
[12] Vedi
Ta’anit (2.-:).
[13] Vedi
Ghinzè Israel - Mo’adim Pesach (pag.
177, fine anno 5662).
[14] ‘Emunat
‘Ittekha Wolfson (Sheminì – 2/25-26)
[15] Zikhron
Meir Qeren Yehoshu’a della famiglia Shapira (pag. 164 – Shabbat dopo Pesach).
Similmente nell’ Emunat ‘Ittekha Wolfson (3:49).
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